Nell’ambito delle numerose misure introdotte per il sostegno alle imprese a seguito dell’emergenza COVID-19, hanno avuto un certo rilievo i contributi erogati a titolo di cofinanziamento da SIMEST (società del Gruppo Cassa depositi e prestiti che sostiene la crescita delle imprese italiane attraverso l’internazionalizzazione della loro attività) ex art. 72 comma 1 lett. d) del DL 18/2020. Infatti, unitamente ai finanziamenti in esame può essere richiesta la concessione di un contributo a fondo perduto.
L’art. 72 comma 1 lett. d) del DL 18/2020, come modificato dall’art. 11 del DL 73/2021 conv. L. 106/2021, ha istituito un fondo per la concessione di cofinanziamenti a fondo perduto determinati in percentuale dei finanziamenti, “quale incentivo da riconoscere a fronte di iniziative caratterizzate da specifiche finalità o in settori o aree geografiche ritenuti prioritari”.
Trattamento contabile
Dall’analisi delle delibere e delle circolari rilasciate dal Comitato agevolazioni si desume che i contributi sono concessi, così come il finanziamento agevolato, a fronte del sostenimento di determinate spese oppure per patrimonializzare le imprese esportatrici al fine di stimolarne la competitività internazionale. Ancorché i contributi risultino strettamente correlati ai finanziamenti a tasso agevolato, non pare che ai contributi in esame possa essere attribuita natura finanziaria, in quanto non sono preordinati a ridurre l’onere degli interessi passivi sui finanziamenti assunti dalla società. Non sembrerebbe, quindi, corretto ripartire il contributo in base alla durata del finanziamento.
Ciò detto, nella maggior parte dei casi, gli oneri in relazione ai quali vengono concessi il finanziamento e il cofinanziamento sono costi di periodo e sono, conseguentemente, rilevati a Conto economico nell’esercizio di sostenimento. In tali ipotesi, i correlati contributi dovrebbero costituire, dal punto di vista economico-aziendale, contributi in conto esercizio, categoria in cui rientrano le somme che hanno natura di integrazione dei ricavi dell’impresa o di riduzione dei relativi costi. Per quanto attiene alla classificazione, sembrerebbe corretto rilevare tali contributi nella voce A.5 del Conto economico.
Ove, invece, i costi in relazione ai quali vengono concessi il finanziamento e il cofinanziamento soddisfino i requisiti per essere capitalizzati, i contributi dovrebbero costituire, dal punto di vista economico-aziendale, contributi commisurati al costo di immobilizzazioni materiali (contributi in conto impianti) o immateriali.
In tali ipotesi, i contributi dovrebbero essere rilevati a Conto economico gradualmente lungo la vita utile dell’immobilizzazione cui si riferiscono, utilizzando:
- il metodo indiretto, in base al quale il contributo è imputato nella voce A.5 e rinviato per competenza agli esercizi successivi attraverso l’iscrizione di risconti passivi;
- il metodo diretto, in base al quale il contributo è portato in riduzione del costo del bene cui si riferisce.
Laddove, infine, i cofinanziamenti siano concessi con la finalità di patrimonializzare le imprese esportatrici al fine di stimolarne la competitività internazionale, dovrebbero rientrare nella categoria dei contributi in conto capitale, cioè i contributi finalizzati a incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa, senza che la loro erogazione sia collegata all’onere di effettuare uno specifico investimento. In tali ipotesi, sembrerebbe corretto rilevare i contributi nella voce A.5 del Conto economico.
Effetti fiscali
Parlando delle conseguenze fiscali connesse a tali contributi, occorre ricordare che il legislatore non ha disciplinato ogni singola disposizione agevolativa in ambito COVID-19, ma ha preferito introdurre una previsione di portata generale (art. 10-bis del DL 137/2020), in base alla quale “i contributi e le indennità di qualsiasi natura erogati in via eccezionale a seguito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 e diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza, da chiunque erogati e indipendentemente dalle modalità di fruizione e contabilizzazione, spettanti ai soggetti esercenti impresa, arte o professione, nonché ai lavoratori autonomi, non concorrono alla formazione del reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) e non rilevano ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Tale soluzione, probabilmente dettata dall’esigenza di semplificare il processo normativo, evitando di definire ogni volta gli effetti fiscali del singolo bonus, ha tuttavia creato numerose incertezze tra gli operatori, soprattutto con riferimento all’individuazione delle agevolazioni non del tutto diverse da quelle esistenti prima dell’emergenza.
Le più recenti risposte a interpello dell’Amministrazione finanziaria, ai fini della non concorrenza al reddito prevista dall’art. 10-bis del DL 137/2020, si limitano a ribadire che è necessario che i contributi siano “diversi da quelli esistenti prima della medesima emergenza”, senza fornire ulteriori indicazioni interpretative (cfr. risposte a interpello Agenzia delle Entrate 31 gennaio 2022 n. 58, 15 dicembre 2021 n. 815 e 27 ottobre 2021 n. 748).
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