Crisi di impresa: il ruolo di sindaci e revisori

Il 15 luglio del 2022 è finalmente entrata in vigore la nuova normativa in tema di crisi d’impresa di cui al Dlgs 14/2019 che ha impattato in maniera importante sul coinvolgimento sia del sindaco sia del revisore.

È stato integrato il secondo comma dell’articolo 2086 Codice civile, ora rubricato “Gestione dell’impresa”. Si tratta degli adeguati assetti aziendali la cui istituzione e implementazione vede altresì il coinvolgimento dell’organo di controllo (collegio sindacale o sindaco unico) nella sua qualifica di “vigilante”.

Il secondo comma dell’articolo 2086 del Codice civile impone all’imprenditore, che operi in forma collettiva o societaria, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa; assicurarsi che tale assetto sia in grado di rilevare tempestivamente la crisi e la perdita della continuità aziendale; attivarsi senza indugio per adottare strumenti che consentano il superamento della crisi e il recupero del going concern.

La disposizione introdotta dal Codice della crisi ha un notevole impatto sulla governance in quanto responsabilizza maggiormente gli organi societari relativamente all’organizzazione dell’impresa.

Inoltre, la disposizione riverbera effetti anche sull’attività dell’organo di controllo, chiamato a vigilare in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo predisposto dall’organo gestorio.

In via generale un assetto organizzativo può definirsi adeguato quando la società, tenuto conto delle sue dimensioni, della natura dell’oggetto sociale e delle modalità del suo conseguimento, presenta le seguenti peculiarità:

  • ha redatto l’organigramma aziendale con chiara identificazione delle funzioni, dei compiti e delle linee di responsabilità;
  • è possibile constatare l’esercizio dell’attività decisionale e direttiva della società da parte dei soggetti ai quali sono attribuiti i relativi poteri;
  • sono presenti procedure che assicurano la presenza di personale con adeguata competenza a svolgere le funzioni assegnate;
  • sono presenti direttive e procedure aziendali che sono effettivamente portate a conoscenza del personale e periodicamente ne è curato l’aggiornamento.

Ai fini della valutazione dell’assetto organizzativo, notevole importanza assume la verifica della rispondenza fra la struttura decisionale aziendale e le deleghe depositate presso il registro delle imprese. In considerazione della relazione di interdipendenza tra dimensioni aziendali e assetto organizzativo, aumentando la dimensione aziendale, la struttura organizzativa dovrebbe divenire più articolata e, conseguentemente, la società dovrebbe avvertire particolarmente l’esigenza di adottare procedure volte a monitorare i diversi processi aziendali. Di contro, ridotte dimensioni potrebbero consentire una minore formalizzazione degli assetti organizzativi in ragione della semplicità dei processi sia in termini di numero sia con riferimento alla tipologia delle attività e alla quantità di persone coinvolte.

Per quanto riguarda invece l’adeguatezza del sistema amministrativo e contabile, l’esistenza di un adeguato sistema amministrativo-contabile comporta la ragionevole garanzia della completa e attendibile rilevazione contabile di questi fatti. L’adeguatezza del sistema consente di ottenere una rilevazione contabile e una rappresentazione dei fatti di gestione completa, tempestiva e attendibile; la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale; la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio. Si tratta, quindi, di predisporre un sistema idoneo ad assicurare la completezza e correttezza dei dati economico-finanziari e, operativamente, di associare i fatti economici maggiormente rilevanti secondo la loro rischiosità complessiva con i processi gestionali che li alimentano, rilevandone le responsabilità gestionali, le direttive, le procedure e le prassi operative di governo delle attività, nonché gli strumenti (anche informatici) di gestione dei rischi di errore a esse associati.

Quale sottosistema del più ampio assetto organizzativo, l’assetto amministrativo e contabile consente di tenere sotto controllo l’andamento della gestione e i risultati in corso di formazione e quindi è utile a favorire la tempestiva rilevazione di sintomi di crisi e di perdita di continuità aziendale. Una informativa societaria completa e tempestiva, che dovrà necessariamente essere, non solo consuntiva ma anche previsionale, richiede l’introduzione e l’uso di strumenti di pianificazione e controllo in grado di fornire al management tutte le informazioni necessarie per assumere decisioni, anche attraverso l’analisi degli scostamenti tra risultati consuntivati e risultati attesi.

Da questa angolazione, l’assetto amministrativo comprende i sistemi di pianificazione e controllo che, ovviamente, dovranno essere adattati tenendo anche conto delle diverse dimensioni delle aziende.

In quelle di ridotte dimensioni, che normalmente sono prive di sistemi previsionali articolati, sarà sufficiente l’introduzione di sistemi di controllo con solo una analisi di tipo consuntivo che in ogni caso potrà fornire utili indicazioni per monitorare e orientare la gestione, introducendo comunque indicatori che possano evidenziare la mancanza di condizione di equilibrio.

L’articolo 2403 del Codice civile affida al collegio sindacale la vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e, in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile alla natura e alle dimensioni e alle caratteristiche dell’impresa nonché sul suo concreto funzionamento. L’organo di controllo è tenuto a porre particolare attenzione alla completezza delle funzioni aziendali esistenti nonché alla separazione e contrapposizione di responsabilità nei compiti e nelle funzioni, alla corretta attribuzione delle deleghe e dei poteri a ciascuna funzione.

Le norme di comportamento offrono suggerimenti ai sindaci chiamati a tale compito. In particolare, si puntualizza che il collegio «nel vigilare sul concreto funzionamento dell’assetto organizzativo, può avvalersi, qualora ritenuti necessari, di appositi test, anche eventualmente a campione che, possono costituire un valido strumento operativo, sia in fase di insediamento che a regime». Il puntuale riferimento ad appositi test denota una precisa volontà degli estensori del documento di non volersi “agganciare” a tecniche di campionamento che hanno per definizione un significato molto più impegnativo, che richiama l’esperienza maturata soprattutto dalle società di revisione che hanno fatto investimenti molto ingenti per elaborare software in grado di procedere ad attendibili tecniche di campionamento.

In tal modo si vuole evitare di esporre a nuove e più delicate responsabilità i sindaci, presupponendo conoscenze tecniche (ai professionisti) non sempre consone allo standard della società e soprattutto richiedendo (alle società) investimenti dai costi tali da risultare sproporzionati per la natura e dimensione dell’impresa.

In definitiva, le norme di comportamento valorizzano il carattere relativo del riferimento alla natura e dimensione dell’impresa e lasciano spazio alla professionalità del sindaco e alla sua capacità di operare valutazioni mirate alla fattispecie concreta.

In aggiunta, gli assetti dovranno anche essere in grado di rilevare tempestivamente i segnali che possano far emergere significativi dubbi sulla capacità dell’impresa di continuare a operare nella prospettiva della continuità. Più precisamente il Codice della crisi, con il nuovo articolo 3, richiede che le misure adottate dall’imprenditore individuale e gli assetti posti in essere da quello collettivo per l’emersione tempestiva della crisi, devono, tra l’altro, essere in grado di rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario; verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno trenta giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni; l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno novanta giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti; l’esistenza di esposizioni verso banche e altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni; l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie verso Inps, Inail, agenzia delle Entrate/Riscossione.

In aggiunta, anche per le ricadute in termini di responsabilità, occorre evidenziare quanto previsto dall’articolo 25-octies del Codice della crisi d’impresa, che attribuisce all’organo di controllo della società (collegio sindacale oppure il sindaco unico; mentre è stato escluso dall’obbligo il revisore) il dovere di segnalare, per iscritto, all’organo di amministrazione, la sussistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza per l’accesso alla composizione negoziata attraverso la nomina dell’esperto indipendente. Tuttavia, anche in assenza di indicazioni da parte del legislatore, l’organo di controllo, nell’esercizio dei compiti di legge, conclusa la procedura di composizione negoziata, vigila sull’esecuzione delle misure adottate.

 

L’organo di controllo è, ai sensi dell’articolo 25-novies, destinatario delle segnalazioni di esposizioni debitorie rilevanti della società effettuate dai creditori pubblici qualificati indicati nella richiamata disposizione.

La tempestività della segnalazione, unitamente alla vigilanza sulle trattative, è valutata ai fini della responsabilità prevista dall’articolo 2407. A tal fine si ritiene che la condizione sia soddisfatta laddove la segnalazione sia fatta a breve distanza dalla conoscenza della situazione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l’insolvenza, o dell’insolvenza stessa. Alla segnalazione deve seguire un attento monitoraggio delle iniziative assunte dagli amministratori e dell’andamento delle trattative, nell’ambito di quella composizione negoziata che vede nel collegio sindacale un referente privilegiato dell’esperto, col quale si istituirà un flusso informativo biunivoco.

Il nuovo “sistema” si chiude con la legittimazione attiva dei sindaci a proporre con ricorso la domanda di aperura della liquidazione giudiziale ai sensi dell’articolo 37 del Codice della crisi d’impresa.

Più sfumato, dopo le ultime modifiche apportate al Codice della crisi, il ruolo del revisore privo di obbligo di effettuare la segnalazione all’organo gestorio ai sensi dell’articolo 25-octies del Codice. Critico sul punto anche l’ufficio del massimario della Cassazione che, nel documento n. 87/2022, esprime perplessità per l’esclusione considerato che alle Srl è consentito nominare solo il revisore. Sarebbero prive, dunque, del soggetto deputato ex lege a vigilare su istituzione e funzionamento degli assetti, strategici per la prevenzione della crisi. Questo non significa che il revisore non abbia ruolo nella normativa sulla crisi d’impresa. Al contrario l’iscrizione nel relativo registro è un “requisito” fondamentale per l’assunzione di determinati incarichi come quello di attestatore ovvero di esperto.