Le Partecipazioni in entità estere trasparenti: profili fiscali per i soci residenti in Italia

Accade frequentemente che soggetti residenti in Italia detengano partecipazioni in entità estere fiscalmente trasparenti, quali società di persone, società di capitali con regime look-through, trust o veicoli d’investimento collettivo. 

In questi casi, la determinazione della base imponibile in capo al socio residente può risultare complessa, soprattutto per effetto delle diverse modalità di imputazione del reddito e della possibile applicazione di regimi CFC o norme antielusive. 

In linea generale, il legislatore italiano (art. 73, comma 1, lett. d), TUIR) considera “opache” le entità estere, indipendentemente dal regime fiscale applicabile nel Paese di insediamento. Ne deriva che: 

  • i redditi imputati per trasparenza da tali entità non sono immediatamente tassati in capo al socio residente, bensì secondo il principio di cassa o di percezione (in analogia con i dividendi o le plusvalenze); 
  • i redditi distribuiti al socio saranno tassati secondo gli articoli 47, 59, 89 TUIR. 

La base imponibile viene pertanto determinata sulla base degli utili effettivamente percepiti, al netto delle imposte pagate dalla società estera trasparente nel proprio Stato di residenza. 

Diverse criticità sorgono quando: 

  • la società estera trasparente è localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata (art. 47-bis TUIR); 
  • il partecipante residente detiene il controllo ai sensi dell’art. 167 TUIR. 

In questi casi, la disciplina CFC trova applicazione e i redditi prodotti dall’entità estera vengono imputati per trasparenza e tassati in Italia, salvo che il contribuente non dimostri l’assenza di effetti di localizzazione indebita. 

Per verificare se la società è fiscalmente “opaca” o “trasparente”, l’Amministrazione adotta un criterio sostanziale basato sull’effective tax rate effettivamente gravante nel Paese estero rispetto al benchmark domestico del 24%, come chiarito dalla Circolare 18/E/2021. 

Particolare attenzione va riservata alle entità trasparenti che operano come fondi d’investimento collettivo, i cui proventi sono generalmente trattati secondo le regole dell’art. 10-ter della legge 77/1983. La prassi dell’Agenzia delle Entrate ha tuttavia chiarito (risposte 385/2019, 327/2023, 409/2023, ris. 76/E/2023) che in presenza di talune condizioni – ad esempio scarsa diversificazione o gestione discrezionale – tali proventi possono perdere la qualifica di reddito di capitale. 

La detenzione di partecipazioni in entità estere trasparenti richiede una valutazione puntuale del regime fiscale estero, del grado di trasparenza e dei presupposti per l’applicazione della normativa italiana, in particolare artt. 73, 167 e 47-bis TUIR. 

In caso di entità localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata, o in assenza di una effettiva tassazione estera, il rischio di attrazione in Italia della base imponibile è concreto. In queste ipotesi, è essenziale acquisire una documentazione analitica e predisporre un quadro dichiarativo coerente, anche in relazione all’applicazione del regime CFC o al disconoscimento della trasparenza.