Sostenibilità e stakeholder: il fattore “S” al centro delle strategie ESG
Negli ultimi anni, la sostenibilità è diventata un elemento imprescindibile nelle strategie aziendali, superando la sfera della responsabilità sociale per affermarsi come leva competitiva e criterio di valutazione da parte di investitori, clienti, istituzioni e partner. In un contesto in cui la trasparenza e l’impatto delle scelte aziendali sono sempre più osservati con attenzione, non è più sufficiente “fare sostenibilità”: occorre dimostrarla in modo credibile, ascoltando gli stakeholder e costruendo relazioni fondate su fiducia, coerenza e valore condiviso.
Una recente indagine internazionale – che ha coinvolto oltre 700 associazioni attive in ambito sociale e sanitario – ha messo in luce un aspetto sempre più rilevante: all’interno della sigla ESG, il fattore “S” (Sociale) è percepito come il più importante da parte degli stakeholder. Secondo i dati, il 94% dei gruppi intervistati ritiene prioritari gli aspetti legati all’equità, all’accessibilità, alla salute, alla sicurezza e al coinvolgimento delle persone. Seguono i temi di governance (88%) e ambientali (67%). Un’indicazione chiara: oggi più che mai il valore sociale delle imprese fa la differenza, non solo nell’impatto che generano, ma anche nella percezione che riescono a costruire nel tempo.
Questo dato offre uno spunto di riflessione per tutte le imprese, indipendentemente dal settore di appartenenza. La responsabilità sociale non è più un tema secondario o opzionale, ma un elemento chiave per costruire un’identità aziendale coerente e duratura.
Sempre più organizzazioni, infatti, valutano le politiche ESG delle imprese prima di attivare collaborazioni o partnership: una logica che va oltre la semplice compliance normativa, abbracciando una visione sistemica e condivisa del valore e dell’impatto dell’impresa sulla collettività.
Tuttavia, il rispetto formale degli standard ESG – sebbene importante – non è sufficiente. Le certificazioni e gli indicatori di performance devono essere accompagnati da azioni concrete e risultati percepibili. Se le iniziative intraprese non generano un impatto tangibile per le persone, il rischio è quello di perdere fiducia, credibilità e – in ultima analisi – competitività.
Secondo l’indagine, anche le imprese tecnicamente in regola con gli standard ESG possono ricevere valutazioni negative da parte degli stakeholder, qualora manchi una reale connessione tra obiettivi dichiarati e benefici percepiti.
Per questo, le imprese che vogliono essere davvero riconosciute come sostenibili devono ampliare il proprio impegno, superando una visione autoreferenziale e mettendo al centro il punto di vista degli stakeholder.
È necessario coinvolgere attivamente le comunità, ascoltare i bisogni reali e costruire soluzioni inclusive e misurabili.
In questo scenario, le aziende sono chiamate a misurare con precisione il proprio impatto e a dotarsi di strumenti efficaci e trasparenti di rendicontazione, ascolto e valutazione. Tra i parametri più significativi per gli stakeholder si segnalano: la chiarezza degli obiettivi ESG, la trasparenza nei report, la responsabilità verso clienti e comunità, il supporto ad enti del Terzo Settore e la capacità di promuovere sviluppo, innovazione e accessibilità, anche in una logica intergenerazionale.
Mettere al centro il fattore “S” non è più solo una scelta etica o reputazionale, ma una necessità strategica per affrontare con coerenza e visione le sfide del presente e costruire un domani più sostenibile, equo e inclusivo per tutti.