Trasferta, trasfertista e trasferimento del lavoratore: qual è il trattamento fiscale
Pubblicato su ipsoa.it
Al fine di individuare il corretto trattamento fiscale è opportuno conoscere gli elementi che permettono di distinguere i casi di trasferta del lavoratore dai casi in cui si parla, invece, di trasfertista o di trasferimento. Nella prima ipotesi le somme corrisposte dal datore di lavoro godono di un trattamento fiscale agevolato, mentre le indennità e le maggiorazioni pagate ai trasfertisti godono di un trattamento meno vantaggioso. Qual è invece il trattamento applicabile in caso di trasferimento del dipendente, spesso messo in atto tramite l’istituto del distacco? Come determinare, in concreto, se si tratta di trasfertista o di trasferta?
La trasferta è uno spostamento temporaneo di un dipendente su richiesta del datore di lavoro, diverso dal trasferimento permanente. L’indennità di trasferta viene tassata in maniera forfettaria in base all’art. 51, comma 5, del TUIR con un trattamento fiscale differente rispetto a quello del “trasfertista”, il cui reddito per indennità è tassato al 50%. Recentemente, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che un dipendente distaccato in Germania, che occasionalmente lavora in altri Paesi, può beneficiare dell’art. 51, comma 8-bis del TUIR se trascorre oltre 183 giorni all’estero e soddisfa altri requisiti. Questa norma permette di calcolare il reddito in base a retribuzioni convenzionali anziché a quella effettiva, a condizione che il dipendente mantenga la residenza fiscale in Italia.
Si parla di “trasferta” quando un dipendente viene temporaneamente spostato dalla sua sede di lavoro su richiesta del datore di lavoro ed è pertanto una condizione provvisoria.
Si parla di “trasferimento”, quando invece lo spostamento dalla sede di lavoro rappresenta un cambiamento stabile e non temporaneo del luogo di lavoro stabilito contrattualmente, dovuto a ragioni tecniche, organizzative e produttive comprovate.
La contrattazione collettiva nazionale prevede:
– per la trasferta, un’indennità speciale, nota come “indennità di trasferta“, il cui scopo è compensare il disagio subito dal dipendente a causa della temporanea lontananza dalla sua sede di lavoro abituale.
– per il trasfertista, ossia per quei lavoratori tenuti per contratto all’espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, sono previste specifiche indennità e maggiorazioni di retribuzione di importo fisso.
– per il trasferimento un’indennità il cui importo è stabilito dal contratto collettivo nazionale al quale il dipendente appartiene (ma il datore di lavoro ha la facoltà di riconoscere un’indennità superiore tramite accordi specifici) e aumenta se il dipendente ha familiari a carico.
Come trattarle da un punto di vista fiscale?
L’art. 51, rispettivamente ai commi 5 e 6, del TUIR, fornisce una distinzione di trattamento stabilendo che le somme corrisposte dal datore di lavoro a titolo di “trasferta” godono di un trattamento fiscale agevolato poiché le indennità corrisposte al lavoratore per trasferte effettivamente effettuate non costituiscono reddito e non sono soggette a tassazione e contributi previdenziali, nei limiti espressamente previsti (fino a 46,48 euro al giorno per le trasferte nazionali fuori dal territorio comunale o fino a 77,47 euro al giorno per quelle all’estero), mentre le indennità e le maggiorazioni pagate ai “trasfertisti” godono di un trattamento meno vantaggioso, essendo detassate solamente al 50% del loro importo.
Come determinare, in concreto, se si tratta di “trasfertista” o di “trasferta”?
Le condizioni che definiscono un “trasfertista” sono:
– che il contratto o la lettera di assunzione non deve specificare una sede di lavoro;
– che il lavoro richiede una mobilità continua del dipendente;
– che il dipendente riceve un’indennità o una maggiorazione di retribuzione di importo fisso in relazione al lavoro svolto in luoghi sempre diversi, indipendentemente dalla sua effettiva partecipazione a missioni.
Se anche uno solo di questi requisiti non è soddisfatto, non si applica il trattamento previsto per il trasfertista, ma il dipendente avrà comunque diritto al trattamento fiscale previsto per le indennità di trasferta, di cui all’art. 51, comma 5 del TUIR.
Dopo questa analisi dell’istituto della trasferta, nelle casistiche analizzate di trasferta di lavoro di carattere occasionale o nell’inquadramento del lavoratore in trasfertista “abituale”, è opportuno evidenziare anche il distinto trattamento applicabile in caso di trasferimento del dipendente, che spesso viene messo in atto tramite l’istituto del distacco.
Qualora, infatti, i lavoratori vengano trasferiti in una sede di lavoro diversa da quella stabilita contrattualmente, si verifica la casistica del trasferimento e le indennità corrisposte a tal proposito al lavoratore concorrono alla formazione del reddito nella misura del 50% del loro ammontare (fino a importo complessivo annuo pari a 1.549,37 euro per i trasferimenti all’interno del territorio italiano e fino a 4.648,11 euro per quelli all’estero), limitatamente al primo anno di corresponsione ed in relazione al medesimo trasferimento.
È utile evidenziare che per i trasferimenti all’estero è applicabile, a determinate condizioni, l’art. 51, comma 8-bis del TUIR, che prevede la tassazione dei redditi del lavoratore dipendente basata sulle retribuzioni convenzionali.
Una recente interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, fornita in risposta ad un quesito posto da un contribuente, risulta utile per comprendere l’applicabilità pratica di quest’ultimo istituto.
In data 12 settembre 2023, nell’ambito dell’interpello numero 428, è stato posto all‘Agenzia delle Entrate il seguente quesito: un lavoratore italiano distaccato in Germania dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre 2023 per esigenze aziendali e nell’interesse esclusivo della consociata tedesca del medesimo gruppo, può beneficiare dell’applicazione dell’articolo 51, comma 8-bis del TUIR (ovvero fruire della determinazione del reddito su base convenzionale) anche se ha effettuato occasionali missioni di lavoro in Paesi diversi dalla Germania, tra cui l’Italia?
Il caso riguarda quindi l’applicazione della retribuzione convenzionale a un dipendente italiano distaccato in Germania che svolge occasionali missioni di lavoro all’estero.
La determinazione del reddito sulla base di tali retribuzioni convenzionali, anziché sulla retribuzione effettivamente percepita, si applica ai dipendenti che, pur lavorando all’estero, mantengono la loro residenza fiscale in Italia.
L’applicazione di questa misura favorevole richiede inoltre che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
– il lavoratore distaccato all’estero rientra in una delle categorie per cui il decreto ministeriale stabilisce le retribuzioni convenzionali;
– l’attività lavorativa all’estero è stabile e costituisce l’oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, con l’intera prestazione lavorativa svolta all’estero;
– il lavoratore trascorre all’estero più di 183 giorni nell’arco di dodici mesi.
L’Agenzia delle Entrate, verificata la sussistenza di tutte le suddette condizioni, ha risposto affermando che la presenza occasionale del dipendente in Italia non compromette il carattere continuativo ed esclusivo dell’attività lavorativa all’estero e che pertanto il lavoratore avrebbe potuto beneficiare dell’applicazione della disposizione sulla retribuzione convenzionale.
Uno sguardo agli aspetti giuslavoristico, previdenziale e fiscale
Infine, segnaliamo che per la corretta gestione di un lavoratore in trasferta all’estero è importante considerare gli aspetti di natura:
– giuslavoristica: connessi alla “Comunicazione distacco” regolamentata dalla Direttiva 67 del 2014 recepita in Italia tramite Decreto Legislativo 136 del 2016 applicabile solo a coloro i quali svolgono attività di lavoro nei Paesi UE;
– previdenziale: connessi agli eventuali obblighi di ottenimento di un Certificato di copertura previdenziale, ove richiesto, per consentire al lavoratore di continuare a contribuire al sistema previdenziale del suo paese home durante l’attività di trasferta/distacco. Tale adempimento varia a seconda che il Paese ospitante si trovi in UE dove trova applicazione la normativa del Regolamento UE 884 del 2004, oppure il Paese ospitante sia extra UE con il quale vi è necessità di verificare se l’Italia abbia o meno stipulato un Accordo di Sicurezza Internazionale);
– fiscale: connessi agli eventuali obblighi dichiarativi nel Paese ospitante per l’attività di lavoro svolta in loco, oppure verificare se applicabile o meno l’esenzione di cui all’articolo 15 Trattato contro doppie imposizioni (in tale ultimo caso verificare la stipula di un Trattato tra l’Italia ed il Paese ospitante).