Welfare aziendale e retribuzione variabile: chiarimenti dall’Agenzia delle Entrate

Con la risposta a interpello n. 77 del 20 marzo 2025, l’Agenzia delle Entrate è tornata a fare chiarezza su un tema molto attuale: il trattamento fiscale delle quote di retribuzione variabile (i cosiddetti “MBO”) convertite in prestazioni di welfare aziendale. In particolare, l’Agenzia ha stabilito che tali importi non possono beneficiare dell’esenzione prevista dall’art. 51, commi 2 e 3 del TUIR se i destinatari non appartengono alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti. 

 

L’occasione per l’intervento è stato il caso di una società che prevedeva per alcuni lavoratori la possibilità di convertire parte del premio variabile, legato al raggiungimento di obiettivi di performance, in benefit di welfare aziendale. Tuttavia, l’Agenzia ha ritenuto che l’agevolazione fiscale non possa essere applicata, in quanto il piano non è destinato alla generalità dei dipendenti o a una categoria definita secondo criteri oggettivi. 

 

Il principio di onnicomprensività 

A fondamento del ragionamento, l’Agenzia richiama il principio di onnicomprensività previsto dall’art. 51, comma 1, del TUIR, secondo cui costituiscono reddito di lavoro dipendente tutte le somme e i valori percepiti, anche in natura, in relazione al rapporto di lavoro. Le deroghe a tale principio – contenute nei commi 2 e 3 dello stesso articolo – devono essere interpretate in maniera restrittiva. Non possono, cioè, estendersi a situazioni in cui il welfare sia utilizzato in sostituzione di componenti retributive ordinarie. 

 

I chiarimenti dell’Agenzia 

L’Agenzia conferma che quando i benefit vengono riconosciuti come incentivo alla performance o come premio selettivo rivolto a una platea ristretta di lavoratori, l’agevolazione fiscale decade. Il welfare, in questi casi, assume natura retributiva a tutti gli effetti e non può essere escluso da imposizione. 

Questo principio era già stato affermato in precedenti chiarimenti (come la Risoluzione n. 55/2020), dove si sottolineava che i benefit hanno natura fiscalmente neutra solo se destinati alla generalità dei dipendenti o a categorie oggettivamente individuate, e non se utilizzati come forma alternativa di retribuzione. 

 

Il caso specifico 

Nel caso oggetto di interpello, il piano di incentivazione interessava una platea limitata di lavoratori, individuati in base alla valutazione della performance e alla posizione organizzativa ricoperta: circa il 61% con qualifica di quadro e solo il 3% di impiegati. Questo approccio selettivo, sottolinea l’Agenzia, non può essere assimilato a una categoria omogenea ai fini dell’applicazione dell’esenzione prevista dal TUIR. 

 

Le conseguenze 

La conclusione dell’Agenzia è chiara: il meccanismo di conversione del premio MBO in welfare aziendale, così strutturato, non consente di applicare le agevolazioni fiscali. Le somme convertite devono quindi essere assoggettate a tassazione ordinaria, come qualsiasi altra forma di retribuzione. 

 

Il messaggio alle aziende è evidente: affinché i piani di welfare aziendale possano beneficiare del regime di esenzione, è fondamentale che siano pensati e strutturati per essere offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di lavoratori definite secondo criteri oggettivi e non discrezionali.