La dismissione dei cespiti aziendali: aspetti fiscali e contabili
In ogni impresa risulta fisiologico trovarsi nella condizione di avere la disponibilità di beni, non più utilizzabili nel processo produttivo e che permangono ingiustificatamente in carico alla stessa. Tuttavia, trattandosi di beni formalmente in carico al contribuente, non ci si può liberare degli stessi in maniera semplificata ed arbitraria, atteso che in caso di controlli si rischia di essere assoggettati a sanzioni per l’operatività delle norme sulla presunzione di cessione di beni.
Infatti, normativamente, si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti, che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge la propria attività, né in altri luoghi dell’impresa (sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa). Tale presunzione non opera, tra le altre ipotesi, se viene dimostrato che per i beni stessi sia stata correttamente seguita la procedura di distruzione o dismissione.
La distruzione/dismissione dei beni può riguardare sia beni merce che cespiti obsoleti o non più funzionanti. Le procedure di dismissione sono due: dismissione diretta e dismissione indiretta.
Dismissione diretta
Con la dismissione diretta è la stessa impresa proprietaria del cespite ad occuparsi della rottamazione del bene. La procedura è caratterizzata da tre distinte fasi:
Invio della comunicazione preventiva all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate o al Reparto territorialmente competente della Guardia di Finanza almeno cinque giorni prima della data in cui si opera la rottamazione. I principali dati che devono essere inseriti nella comunicazione preventiva sono: luogo e data delle operazioni, modalità di distruzione del bene, natura e quantità del bene, valore del bene determinato in base al prezzo di acquisto e valore ottenibile dalla distruzione dello stesso;
Redazione del verbale di distruzione: riguardo questa fase le procedure sono differenti nel caso in cui i beni rottamati abbiano un costo superiore ad euro 10.000,00 o meno. Nel primo caso il verbale deve essere firmato, alternativamente, dal funzionario dell’Agenzia delle Entrate o dall’operatore di polizia tributaria appartenente alla GdF o dal notaio, mentre nel secondo caso vi è una dichiarazione sostitutiva di atto notorio.
Compilazione del documento di trasporto in cui si indicano i dati dei beni distrutti e i dati del destinatario, la data e la quantità dei beni rottamati, così come la causale del trasporto.
Dismissione indiretta
La dismissione viene operata o da soggetti abilitati allo smaltimento di rifiuti, ovvero tramite cessione a terzi dei beni oggetto di dismissione (la c.d. “vendita in blocco”).
Se si opta per la consegna dei beni ad un soggetto autorizzato allo smaltimento sarà opportuno attestare la distruzione dei beni mediante annotazione da riportare su un apposito formulario di identificazione dei rifiuti che dovrà riportare i seguenti dati: nome ed indirizzo del produttore e/o detentore dei beni, tipologia e quantità del “rifiuto” da smaltire, impianto di smaltimento di destinazione, percorso da seguire per la conduzione dei beni al destinatario e nome ed indirizzo dell’impresa destinataria dei beni da smaltire.
Alternativamente, la Società può vendere in blocco i beni dismessi ad un prezzo complessivo senza distinguere in alcun modo il prezzo del singolo bene. In tale ipotesi è necessario provvedere all’emissione della fattura di vendita ed emettere un DDT recante il quantitativo e la natura dei beni, riportando anche l’espressa sottoscrizione del cliente cessionario di aver ricevuto i beni medesimi.
Trattamento ai fini IVA
L’articolo 1, comma 1, D.p.r. 441/1997 dispone che, ai fini IVA, si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Tuttavia, la presunzione in esame non si applica nel caso in cui i beni siano stati distrutti/dismessi.
Disciplina imposte sui redditi
L’articolo 102, comma 4, TUIR, prevede: “In caso di eliminazione di beni non ancora completa-mente ammortizzati dal complesso produttivo, il costo residuo è ammesso in deduzione.” Pertanto è stabilito che il contribuente che estromette dal processo produttivo il bene strumentale non completamente ammortizzato ha la possibilità di dedurre integralmente il costo residuo non ammortizzato.